Cenni storici - La Cucina

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Cenni storici

Curiosità e Consigli

L'arte di cuocere i cibi nella storia dell'umanità è antichissima.
Già nell'età della pietra gli abitanti della Terra scopersero la carne degli animali selvatici di cui si nutrivano, una volta arrostita al contatto con la fiamma, era più commestibile e gustosa. Scopersero che le radici, le ghiande e le erbe, lessate nelle prime ciotole d'argilla, divenivano più tenere e digeribili.
Da questa scoperta l'uomo primitivo comprese la grande importanza che aveva il cibo se ben cucinato, e quindi, organizzandosi, cominciò a crearsi armi migliori per la caccia, i primi rudimentali attrezzi agricoli e nuovi sistemi di allevamento del bestiame per migliorare in qualità e quantità il cibo necessario per il suo sostentamento. La civiltà faceva i suoi primi passi conquistando popolazioni rozze ed errabonde.
Come nell'arco di centinaia di secoli l'arte di preparare i cibi si sia trasformata e perfezionata è difficile perfino congetturare. Di sicuro si sa che fin dall'antichità colui che presiedieva alla cucina dovette godere di grandissimo prestigio, specialmente se dimostrava capacità nel lavoro di trasformazione di cibi in vivande, così necessarie per la vita degli uomini.
Prima del periodo in cui ebbero inizio, soprattutto nel vecchio mondo, le guerre di conquista, i popoli di antiche civiltà come i romani e gli ebrei erano in verità molto sobri. Gli ebrei mangiavano pane azimo ( preparato senza sale e senza lievito) e ripudiavano la carne di maiale. I romani si nutrivano prevalentemente di minestre di cereali (le carni e i pesci erano riservati esclusivamente ai capi delle comunità). Gli arabi invece amavano consumare i pasti in ambienti riccamente arredati da tappeti soffici. I cibi erano dei più prelibati e accutratamente cucinati, profumati in buona parte da spezie e aromi vari. Ancora ai nostri girni ci sono in Sicilia valide testimonianze di quella cucina nelle molte apprezzate specialità regionali. Ma la Grecia che vantava, più degli altri popoli, una civiltà più antica e che irradiava dappertutto la luce delle sue arti, fu la prima ad apprezzare l'arte della buona cucina e ad amare la buona tavola. Le classi agiate già si concedevano tre pasti al giorno, di cui uno leggero al mattino e due più consistenti a metà e a fine giornata.
I pasti erano composti da minestre, pesci arrosto, fritti e bolliti, accompagnati sa salse aromatizzate; da carne di agnello e di capretto, di polli e da selvaggina, cucinati generalmente arrosto. I dolci erano a base di miele, noci, latte e farina. I romani che in un primo momento costituivano esempio di sobrietà, andarono via via trasformando i loro costumi e la supremazia militare sui popoli vicini finì per far loro apprezzare i piaceri della tavola che già i greci tenevano in grandissimo onore.
Intanto si diffondeva di pari passo con le guerre di conquista una considerevole quantità di nuovi generi alimentari, tutti prodotti genuini della "Madre Terra" che davano la possibilità alle classi dirigenti di quel tempo di organizzare banchetti favolosi con menus leggendari e inteminabili. Si creavano nuovi e più gustosi piatti accuratamente preparati, arricchiti di sapori forti, usando i nuovi condimenti di provenienza orientale (spezie e aromi di ogni tipo). A roma durante l'Impero ogni famiglia di un certo rango aveva il suo bravo chef e persino una vera e propria brigata (aiutanti). Tuttavia esisteva una cucina più semplice e gustosa, quella della povera gente che, sfruttando le usanze le usanze paesane dei pastori e dei contadini della vicina terra di Abruzzo e della Ciociaria, creava la prima tipica cucina romana, con i teneri capretti allo spiedo dell'agro romano, i gustosi pesci salati e le caciotte fresche dell'Irpinia.
Nel Medioevo , dopo il crollo della potenza politica e militare di roma e l'invasione di popolazioni barbariche, la cucina presenta due aspetti diversi e contrastanti: è molto semplice e limitata a poveri a causa della grande miseria che regna tra la gente dei campi e la plebe della città: al contrario è ricca, variata e abbondante tra i nuovi padroni che, arroccati nei castelli, gozzovigliano in rozzi banchetti senza apprezzare la cucina semplice ma gustosa della gente più umile.
L'anno 1300 segna improvvisamente un risveglio economico per l'intero paese e un periodo di pace favorisce il rifiorire delle Repubbliche marinare con l'aumento dei traffici dal levante. La cucina toscana particolarmente si evolve in maniera notevole e svolge un ruolo molto importante sulla scena gastronomica italiana e mondiale. I francesi stessi, anche oggi, riconoscono che furono i cuochi giunti al seguito di Caterina e Maria De' Medici a modificare in parte l'uso di servire pasti pantagruelici. Il cinquecento comunque passa alla storia come il secolo della grande cucina italiana non ancora sorpassata dagli abilissimi francesi. Si perfeziona l'arte del convivare; si comincia con gli antipasti leggeri, le uova cucinate in svariate maniere, le paste alimentari già comparse il secolo prima, i pesci di mare e di acqua dolce, le carni bovine, la selvaggina, il pollame, i formaggi paesani, la frutta, i dolci con le tipiche specialità regionali e, infine, fallo la comparsa con successo anche all'estero i gelati con caratteristiche quasi simili a quelle degli attuali gelati.

Parlare dell'evoluzione della ricca cucina francese durante il lungo periodo della storia di Francia dal 1600 al 1700 e fino all'Impero potrebbe apparire anche superfluo tante sono le testimonianze storiche documentate attraverso innumerevoli opere letterarie. In quel periodo l'arte della cucina francese, senza paura di esagerare, sale al livello delle più nobili arti. I cuochi al servizio di quelle corrotte e sfrenate  classi di nobili e cortigiani sollecitavano al massimo, in gara tra loro, creano capolavori di vera arte gastronomica. Numerose e pregevoli pubblicazioni, ancora oggi ricercate, testimoniano di questa arte portata ad un livello mai fino allora conosciuto. Tra i più grandi artefici di questa evoluzione della cucina francese si possono citare: lo chef Antonin Carême che scrisse e pubblicò ben undici volumi di cucina, il gastronomo Brillat-Savarin e lo chef August Escoffier protagonista verso il 1800 della grande "riforma" e autore forse del più celebre libro pubblicato in Francia: La Guide culinaire. A quest'ultimo la Francia, per la prima volta nella storia della cucina, dedicò un monumento nella sua città natale.
Sopraggiunge fatalmente il ciclone della rivoluzione francese e i suoi eventi sanguinosi, che fanno piazza pulita dell'aristocrazia, si ripercuotono sulla vita italiana e sulla nostra cucina che si fa sempre più austera. Si ritorna così per un lungo periodo di tempo alla semplice, genuina cucina paesana delle nostre regioni, tra invasioni straniere e guerre a non finire.
Intanyo col passare del tempo e in mezzo a vicende più o meno liete per la nostra nazione, a causa della lenta ma determinante trasformazione economico-industriale del continente europeo e di riflesso anche del nostro paese, si afferma una nuova classe produttrice più sobria, e i contadini e gli operai si organizzano per conquistare un avvenire più umano. I primi ristoranti e alberghi fanno la loro comparsa, sostituendo le vecchie locande, i mezzi di trasporto, divenuti più agevoli, facilitano le comunicazioni tra le popolazioni.
A interrompere questa fiduciosa speranza di tutte le nazioni in un miglior domani scoppia improvvisa la bufera della prima guerra mondiale che insanguina tutti i continenti e che travolge le nazioni, istituzioni, caste e privilegi. Dopo questa terribile prova, non si ha nemmeno il tempo di risanare le ferite prodotte dalla cieca distruzione degli uomini, che una seconda guerra mondiale, venti anni dopo, più sconvolgente della prima, arreca distruzioni ben più terribili, con perdite incalcolabili di beni, opere d’arte e vite umane.

Sulle rovine di un periodo quanto mai nefasto, con fiduciosa aspettativa, l’economia intanto si riprende e si riassetta miracolosamente dappertutto. Nascono nuove e più moderne industrie, si moltiplicano le iniziative per favorire e migliorare i rapporti tra i popoli, per cui masse sempre più numerose di turisti di ogni categoria sociale si mettono in movimento, ansiose di vivere e ammirare paesi che ancora non avevano avuto la possibilità di conoscere. Sorgono cosi in ogni in nazione nuovi e più attrezzati alberghi e ristoranti che gareggiano nell’offrire ai visitatori le migliori specialità delle cucine locali che sono subito accettate e apprezzate. La cucina, ricca e raffinata di origine francese, resiste solo nei grandi alberghi di lusso. Scompare, o quasi, la mensa aristocratica insieme ai resti delle antiche case nobiliari. Si afferma ancora una volta la cucina più semplice, genuina e saporita, di antica tradizione casalinga regionale e si scoprono tante altre squisite specialità sconosciute fino allora. Il turismo di massa, in particolar modo quello straniero, entusiasta della nostra cucina, al ritorno in patria promuove una fruttifera propaganda.

Con l’aumentato tenore di vita delle classi meno abbienti di molte nazioni, crescono sempre più i consumi, specialmente quelli del settore alimentare e la produzione, ancora in buona parte fondata sul piano artigianale, si dimostra insufficiente a soddisfare le pressanti richieste del mercato. Fanno così l’ingresso una lunga serie di prodotti alimentari, con nuovi sistemi tecnici di conservazione. Oltre a quelli tradizionali in scatola, compaiono gli ottimi ed economici prodotti surgelati vegetali ed animali; i semilavorati o precotti che forniscono alla cucina prodotti alimentari già pronti da cucinare o solamente da riscaldare, e infine i liofilizzati la cui tecnica di  produzione si basa sulla eliminazione dell’acqua dal prodotto, per impedire la fermentazione e quindi prolungarne la conservazione.
Questi ottimi prodotti integrano in buona parte, o addirittura sostituiscono con buoni risultati, quelli freschi e il loro valore alimentare rimane quasi inalterato, occorre però possedere vasta esperienza e profonda conoscenza nel campo degli alimenti conservati, per avere buone vivande che possano eguagliare quelle cucinate con cibi freschi. Più difficile in questo campo si presenta il compito per molte massaie che non possiedono tali esperienze e conoscenze.


Fernando Pellegrini


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